sabato, Aprile 26

Il riesling e l’Italia

Due considerazioni per amore di tranquillità. La prima è che il Riesling non è un vitigno italiano e vi ha poco a che fare. La penisola, forse troppo calda e abitata da altri illustri vitigni, non si è mai distinta con questa varietà nord europea. Gli incroci dai quali proviene, tra l’altro, dimostrano una obiettiva estraneità di tipo climatico e geografico. La seconda, il cosiddetto “Riesling Italico”, che qui non trattiamo, è geneticamente diverso dal Riesling renano. Si tratta di una varietà conosciuta in nord Europa con il nome di Welschriesling (Riesling “latino”). Le sue origini non sono chiare. Nonostante il nome, alcune tracce rimandano alla Francia. Pare che nei primi del ‘900 si sia diffuso negli altri paesi dell’Europa Centrale e nel nord-est italiano, soprattutto durante il dominio austroungarico.

Ciò premesso, il Riesling renano è ben conosciuto noto nella Bassa Atesina, la parte più meridionale dell’Alto Adige. Materia di studio a partire da metà ‘800, soprattutto in Val Venosta e in Val d’Isarco, il Riesling cominciò ad attirare l’attenzione dei vignaioli solo dopo il 1990. In effetti, il clima delle vigne montane gli sono perfettamente congeniali. Ma, a differenza dei cugini d’oltralpe, dopo la fermentazione il vino è quasi sempre privo di zuccheri residui, sviluppando un’acidità stimolante e accompagnata da sentori eleganti di frutta fresca come pesca e agrumi. Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli passi avanti, il vitigno dimostra grande potenziale di maturazione esprimendosi pienamente in vini maestosi e dagli aromi raffinati. 98 gli ettari coltivati, pari al 1,8 % del totale della superficie coltivata a viti in Alto Adige.

A parere di chi scrive, le espressioni più significative appartengono all’Alto Adige e una singola alla Sicilia, in particolare sull’Etna.

FP

 

 

 

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